Dance Thérapie entre Orient et Occident
Le radici si muovono
Non finiremo mai di esplorare
e dopo tanto esplorare saremo di nuovo
al punto di partenza
e conosceremo finalmente
il posto per la prima volta
T. S. Eliot
Che danzare sia una facoltà che appartiene all’uomo e che gli permetta di esprimersi e di vivere profondamente la sua corporeità è ormai cosa ovvia; che la danza possa uscire da schemi e strutture che hanno talvolta paralizzato una grande energia pulsionale ci fa intuire qualcosa in più; che la danza possa divenire un mezzo di cura è un concetto affascinante, ma sicuramente non scontato. Curarsi danzando è una pratica antica che affonda le sue radici nella dimensione del sacro. Lo sciamano danza, il rituale cura, gli strumenti musicali evocano il battito cardiaco … è la visione di un mondo antico, “primitivo” che sicuramente affascina e tocca verità profonde.
Quando danziamo celebriamo la nostra esistenza, quando danziamo con consapevolezza diamo spazio e ritmo a sensazioni, emozioni, esperienze personali diverse. La Danzaterapia ci permette di portar fuori attraverso il movimento, anche piccolo e semplice, ciò che a volte rimane troppo chiuso, inespresso e compresso.
«La Danza Terapeutica è la danza nella sua forma più semplice, il linguaggio delle emozioni profonde», scrivevo alcuni anni fa nel mio primo libro e 15 anni di esperienze in più confermano questa definizione. La riconfermano gli occhi intensi di utenti che … ci hanno provato. Ci abbiamo provato dunque. Con chi? Con tutti. Bambini, adolescenti, persone con disagio anche grave, non vedenti, non udenti, pazienti psichiatrici, detenute, ma anche persone “normalmente nevrotiche”. Tutti possono danzare e con la danza stare meglio.
Ma quale danza? Ma... stare meglio come? Domande, domande, teste cariche di pensieri, di dubbi, di perplessità, di panico, di ossessioni, di rabbia. Teste-pensiero e tanta sofferenza.Teste che vivono la separazione dal corpo, lontane dalla realtà unificante del corpo-cuore.
Cercano le spiegazioni, cercano con le parole, eppure il canale non è verbale, non sempre quantomeno, il canale è la danza: «Se esistono idee, parole, ponti di collegamento tra le forme sensibili esse sono dentro ogni persona: l’importante è incontrare tale ponte». Così afferma Maria Fux, una veterana del campo: la sua Danzaterapia è nata direttamente nei luoghi di sofferenza e quelle che ora sono unità didattiche consolidate del suo metodo sono ponti , come lei stessa ama definirle: intuizioni nate come modalità per aiutare l’altro.
Ma... come? Come è un delizioso avverbio interrogativo che diviene alquanto ozioso se non lo si fa scendere. Dobbiamo fare esperienza del come, finché esso non scende nelle profondità del nostro corpo-cuore per congiungersi col respiro.
Come se lo chiesero anche Trudi Schoop, Irmgard Bartenieff, Anna Halprin, Mary Whitehouse, Marian Chace, Maria Fux ed altre pioniere che prima ancora di elaborare i loro metodi fecero scendere il “come” dentro di loro, indagando sulla loro sofferenza e la loro vita per trovare poi un ponte per gli altri.
Scrive Trudi Schoop:
«(con la danza) Ho cercato di dare corpo alle mie fantasie per poterle così dominare esteriorizzandole. Non si è più posseduti dai fantasmi, li si possiede! Non ero più prigioniera dell’angoscia. Avevo paura solo se necessario. É così io credo che ho trovato la salute grazie alla danza. E oggi so che questa esperienza personale mi ha spinta più tardi a danzare con degli psicotici».[1]
Torniamo ora ai nostri tempi, non tanto lontani dal pionierismo se pensiamo che Maria Fux e Anna Halprin sono professionalmente attive e ancora danzano alla loro meravigliosa ottuagenaria età! Persone affette da tumore, aids, vivono e si curano nel Centro della Halprin in California, mentre Trudi Schoop, da poco scomparsa, ha trascorso grande parte della sua vita operando come Danzaterapeuta in ospedale psichiatrico. Ognuna ha saputo utilizzare il suo percorso personale di danza, di sofferenza e di indagine sulla sofferenza, per aiutare gli altri attraverso il contatto terapeutico. Contatto che nella Danzaterapia non è mai invasione ma presenza. Contatto come attenzione e ascolto profondo di sé e dell’altro.
Ma allora “quale” danza? Le metodologie hanno riferimenti diversi: si può parlare di “expression primitive”, piuttosto che di “movimento creativo” o “rituale”, di “authentic movement”, ed altro ancora. Per ciò che mi riguarda la mia ricerca viene dallo studio della modern dance, della grande esplosione creativa che si è diffusa nell’epoca fra le due guerre in particolare negli Stati Uniti e in Germania, ma che deve molto alle grandi intuizioni di Isadora Duncan, la quale cercava una danza che fosse “espressione divina dell’essere umano”, una danza che fosse anche educazione, collegata alla nostra esperienza interiore e attraverso di essa alla natura:
Non esiste movimento in danza che non esista originariamente in natura[2]
Un rapido volo per raccontare di Ruth St. Denis, che a sua volta si definiva danzatrice sacra (“Io voglio danzare Dio!”), e che seppe attingere in Oriente l’essenza di una ricerca di qualità energetica eccezionale. E poi Martha Graham e la sua danza pulsionale, che dallo yoga attinse il senso del sentire profondo dell’energia primordiale; e Doris Humphrey, coetanea di Martha e come lei inizialmente danzatrice della compagnia di Ruth St. Denis, che per prima scrisse un testo sul “come fabbricare una danza”.
Da Doris Humphrey ho colto a piene mani fall and recovery, caduta e recupero:
Quale dramma potrebbe esserci, maggiore di quello di cadere? Cadere dalla sicurezza dell’equilibrio perfetto, cadere da uno stato di grazia, cadere preda dell’amore. Nel cadere dalla simmetria apollinea, l’uomo sperimenta l’ebbrezza dell’abbandono; prova i piaceri della “zona del pericolo”, dove l’estasi dionisiaca si avvicina alla morte. Legato intrinsecamente alla relazione del corpo con le leggi universali della fisica, il concetto di Caduta e Recupero compenetra ogni azione all’interno della struttura della Tecnica Humphrey. Provoca un sottile intrecciarsi di scansione fisica e risposta psicologica. Stabilisce vari gradi di intensità, che Doris Humphrey chiamò “qualità di movimento”.[3]
Non si tratta dunque solo di un concetto o di una sequenza di pura fisicità: caduta e recupero riguardano la totalità dell’essere! Cadiamo e ricuperiamo in ogni attimo dell’esistenza ed è proprio la danza che ci aiuta ad accettare e ad essere attivi con tutto noi stessi nella dinamica del movimento e poi nel quotidiano. Fall and recovery in carcere: le detenute mi hanno dato la loro fiducia e il loro sorriso; fall and recovery per i pazienti psichiatrici che hanno saputo trovare la loro versione : “quando uno cade e non ce la fa più a tornare su può tendere una mano all’aiuto dell’altro”; fall and recovery per i bambini nelle scuole, ragazzi che non parlano o vivono grandi disagi, bambini e anziani che ho visto ridere, rotolare, risalire.
I primi risultati ottenuti sono stati per me le basi per costruire una metodologia di Danzaterapia che divenisse ponte tra Oriente e Occidente, che inglobasse in sé le qualità di una medicina profondamente psicosomatica come quella cinese, la creatività del metodo di Maria Fux e il cercare con ogni poro della pelle e con ogni battito del cuore vivo, caratteristico della danza contemporanea.
Ho scelto il termine Danza Terapeutica per mettere in evidenza che «la danza stessa è un’energia vitale e come tale è terapeutica. C’è un momento delicato ed emozionante in cui il terapeuta si accorge che la danza è diventata per il paziente motivazione per guarire».[4] Danza Terapeutica è anche per sottolineare l’atteggiamento umile del terapeuta che china il capo per sciogliere i nodi alle scarpe, si fa ponte, tramite di un processo creativo molto più grande di lui.
Le 5 Fasi[5] della Medicina Tradizionale Cinese divengono nella mia metodologia una danza che permette alle persone di riconoscersi nelle diverse qualità di movimento correlate al vissuto dell’uomo inserito nel Cielo/Terra. La ruota dei 5 Movimenti può riassumere alcune qualità interessanti che ritroviamo nei diversi momenti della Danzaterapia:
ACQUA: energia vitale da cui veniamo- l’origine –le nostre profondità
LEGNO: il venir in fuori - l’esprimersi – il manifestarsi
FUOCO: accoglienza e silenzio interiore, capacità di ascolto:
TERRA: trasformazione e assimilazione
METALLO: energia di chiusura - momento di interiorizzazione.
Ai 5 movimenti si associano organi e meridiani, qualità fisiche e psichiche, come verrà spiegato più avanti.
Del movimento Fuoco, a cui appartiene l’organo Cuore, desidero anticipare la capacità di accogliere per estenderla, come vedremo in seguito, ad una qualità essenziale nel Danzaterapeuta:
Il cuore che è vuoto per accogliere gli innumerevoli esseri[6]
Il cuore è vuoto quando è capace di ricevere, accettare e considerare tutto perché ciò significa che non è fissato, fermo su un’idea, un essere o un desiderio.
Nello stesso tempo il suo ruolo nella circolazione non è solo fisico, ma anche psichico, il cuore è la sede dello shen, definito la potenza spirituale propria del cuore, «esso ricostruisce la vitalità, ma assicura anche la sensibilità, il va e vieni delle informazioni tra l’intimo e l’esterno. »[7]
Si considera anche che shen è ciò che fa di ognuno la sua specificità, il suo vero sé, in termini zen azzarderei... la sua vera natura.
In questo contesto intendo per vera natura quella parte sana che sta in ognuno, attraverso la quale il terapeuta può rispecchiare le parti sane degli utenti.
Altro riferimento fondamentale è il lavoro con le emozioni e i 5 Elementi nella simbologia del Chörten tibetano così come viene presentato da Ngakpa Chögyam nel suo libro “Le energie elementari del Tantra”.[8]
Inizialmente fu un “provare a fare l’esperienza” ma ora, dopo molti anni di approfondimento ho potuto vedere e sentire le manifestazioni delle diverse qualità degli Elementi. La progressione va dall’Elemento più pesante, la Terra, che permette il radicamento e la presenza consapevole, all’Acqua, nella sua qualità di aderenza e coesione che facilita il contatto profondo con sé e con gli altri, continua nel Fuoco, dinamizzante nel suo volgere la polarità verso l’alto e nel dirigere il movimento verso l’esterno, per arrivare all’Aria come libertà del gesto in tutte le sue variabili imprevedibili; essa consente l’apertura spontanea e non forzata al quinto Elemento: Vuoto, in questo caso inteso come “possibilità per essere” e soprattutto come disponibilità al diverso comunque esso si manifesti.
Diverse ma profondamente congruenti tra di loro sono le qualità degli Elementi nei quali si possono concepire o riconoscere le variazioni dell’intensità delle emozioni, ma anche raffinati percorsi intellettuali, così come momenti di presa di contatto attraverso la sensazione suscitata dalla fisicità dell’Elemento stesso.
Il percorso con i 5 Elementi del Chörten tibetano fa sì che nelle dinamiche di Terra Acqua Fuoco Aria e Vuoto le persone possano esprimere qualità di Elementi che stanno dentro ognuno di noi. Dentro tutti. Perché nessuno è escluso da una danza che è molto più semplice della sua spiegazione.
Come scrive Claude Larre:
Non è colpa dei cinesi se ciò che per loro è semplice ed elementare, non appena noi prendiamo a occuparcene diventa complicato e confuso.[9]
Che si tratti di Chörten tibetano o di Medicina Cinese, non ci allontaneremo mai dall’ascolto e dall’accoglienza di ciò che veramente accade dentro e fuori di noi, in una modalità in cui la semplicità è condizione essenziale. Compito della danza è riportarci alla nostra capacità di sentire con semplicità ed osservare senza giudizio.
Forse noi crescendo diventiamo complicati e rispecchiamo le cose semplici come complicate. Una volta un danzatore, durante una mia lezione di danza contemporanea, non riuscendo a compiere movimenti semplici ma evocativi mi chiese: “Ma non farai fare queste cose anche ai bambini?” “Ma certo!” risposi. “Ma … come”? “Me lo hanno insegnato loro!”
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Da Metodologia e pratica della Danza Terapeutica di Elena Cerruto FrancoAngeli Ed. 2008
Il capitolo fa riferimento ad una versione precedente al libro e successivamente modificata dall’Autrice.
[1] Schoop T., (1974), “komm tanz mit mir... „ Won’t you join the dance, , Palo Alto,
California National Press Nooks, tr. a cura delle diplomate di Sarabanda, Scuola di
Formazione in Danzamovimentoterapia APID
[2] Duncan I. , (1980), Lettere dalla danza, La Casa Usher, Firenze
[3] Stodelle E., (1987), La tecnica di danza di Doris Humphrey ed il suo potenziale
creativo, Di Giacomo Editore, Roma, pag. 25
[4] Cerruto E., (1994), A ritmo di cuore, La Danza Terapeutica, Xenia, Milano
[5] In generale si utilizzano i termini 5 Fasi, 5 Movimenti, 5 Elementi indifferentemente. A
seconda degli Autori e del significato che essi desiderano mettere in risalto, vengono
diversamente definiti. (Vedi a approfondimenti nei prossimi capitoli.)
[6] Huangdi Neijing, (2001), LingShu – La psiche nella tradizione cinese, Jaca Book, Milano
[7] Huangdi Neijing (1994), Suwen – Le domande semplici dell’imperatore giallo,
Jaca Book, Milano, pag. 358
[8] Chögyam N., (1991), Le energie elementari del tantra,Ubaldini Ed., Roma
[9] Schatz J., Larre C. e Rochat de la Vallée E., (1987), Agopuntura, Giunti, Firenze pag. 46
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